Storia di un mulino

Questo racconto è un piacevole e nostalgico salto indietro nel tempo che testimonia la dedizione al lavoro degli abitanti di Acquaro.

Il signor Pietro e la moglie Cecilia, abitanti della frazione Piani, hanno dedicato parte della loro vita all’agricoltura. Quello che oggi rimane della loro vita da contadini è un vecchio mulino ereditato dai loro avi.

Bambino in un campo di grano

Il sig. Pietro racconta che quando era piccolo andava ancora a scuola ed il pomeriggio, una volta tornato a casa, correva entusiasta ad aiutare il padre. Ricorda con una luce negli occhi di quando un giorno, vista l’assenza del papà perché a lavoro, c’era una gran fila di gente che aspettava per potersi servire del mulino. Pietro azionava da solo il mulino e, grazie a quello che aveva appreso nei lunghi pomeriggi trascorsi in quel posto, riusciva a soddisfare tutti i clienti. Soprattutto, rendeva orgoglioso il padre di esser riuscito a trasmettere al figlio i saperi e la passione. Da allora iniziò ad occuparsi personalmente dell’attività e lo fece per tanti lunghi anni. Pur essendo impegnato con il suo principale lavoro e, dopo essersi sposato, ebbe anche il prezioso aiuto della moglie nonostante i figli piccoli a cui badare e che spesso portava con lei.

Il mulino, prima a pietra e poi a corrente, acquistato dal papà da un signore del vicino Comune di Fabrizia, serviva non solo alla popolazione del luogo ma anche ai paesi limitrofi di Dinami, Arena e Gerocarne. Chi non aveva i mezzi per poter arrivare fin quà poteva usufruire ugualmente del servizio in quanto il signor Pietro si recava personalmente da questi a prendere quanto doveva essere lavorato.

Tra le colture più importanti ruolo principe lo rivestiva il grano, che una volta lavorato e trasformato in farina veniva utilizzato per fare il pane o la pasta, ingredienti principali della dieta mediterranea.

pane I canjia

U Pani i canjia (pane integrale)

La prima parte del lavoro consisteva nel separare il grano dalle erbacce e scarti che lo “contaminavano” con l’utilizzo di un apposito macchinario. Una volta fatto ciò veniva buttato nel mulino e iniziava il processo di trasformazione nel prodotto finale.

L’ingranaggio selezionava la farina, il bene più fine, e poi la crusca. Entrambi cadevano nei sacchi legati a due diverse uscite. Per il granoturco venivano ripetute le stesse operazioni ma con l’utilizzo di un secondo mulino.

La macinatura veniva pagata in lire e molto spesso con la farina stessa, lasciando così una parte del prodotto.

Oggi di quanto sopra scritto rimane un piacevole ricordo, il mulino è stato infatti venduto circa 15 anni fa. Molteplici le cause che hanno indirizzato il sig. Pietro verso questa scelta. Il costo di mantenimento che superava di gran lunga il guadagno ed il differente modo di approcciarsi all’agricoltura con l’introduzione delle nuove tecnologie hanno reso questa attività obsoleta. Il sig. Pietro Aloe e la moglie Cecilia, oggi nonni a tempo pieno, hanno raccontanto questo prezioso ricordo permettendo di conservare le memorie di chi ha vissuto Acquaro e ha posto le basi per renderlo il posto che è adesso.

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